Informiamo i nostri clienti che le spedizioni sono sospese fino a fine agosto. La nostra attività è stata colpita dall'alluvione dello scorso 17 maggio, stiamo riorganizzando l'attività. Grazie.
Informiamo i nostri clienti che le spedizioni sono sospese fino a fine agosto. La nostra attività è stata colpita dall'alluvione dello scorso 17 maggio, stiamo riorganizzando l'attività. Grazie.
Anche in Casentino, come in altre realtà dell’Appennino e della montagna italiana, la foresta è la zona entro la quale si è sviluppata la storia del paesaggio, della cultura e delle tradizioni locali. Un sistema in cui monaci, contadini, pastori, artigiani e boscaioli, si sono quotidianamente rapportati con la natura definendone i contorni, la struttura e le caratteristiche che ancora oggi conosciamo, ammiriamo e tuteliamo. Ma Camaldoli è un esempio unico, perché la gestione sostenibile del bosco e dell’ambiente, a differenza di altri casi, è entrata come parte essenziale nelle costituzioni della Congregazione, divenendo parte fondamentale dei doveri dei monaci. Salvatore Frigerio, monaco camaldolese presso l’Eremo di Montegiove (PU) e uno dei principali artefici del progetto Codice Forestale Camaldolese, definiva Camaldoli in questo modo: “… un mondo che non è solo una riserva di alberi e di animali, ma che, proprio perché è un mondo, è un risultato di vite, di storie, di processi, di testimonianze, di ricerche, di fatiche, di lotte e di successi, di sconfitte e di vittorie, di solitudini e di incontri non riducibili a un mero problema tecnico ed economico”.
Negli otto secoli e mezzo di proprietà e gestione diretta il sistema Camaldoli (costituito dal Sacro Eremo e dal Cenobio di Fontebuona più a valle), ha dovuto affrontare enormi mutamenti socio-economici e condividere le risorse territoriali con vicini molto più potenti e meno attenti al loro uso sostenibile, riuscendo nell’impresa di preservare nel tempo la valenza forestale dell’area.
Il Sacro Eremo e Monastero di Camaldoli
La storia di Camaldoli è divisa in tre fasi principali:
l’insediamento ed il consolidamento (X-XIV secolo), durante il quale l’utilizzo delle risorse forestali fu prevalentemente orientato all’autoconsumo;
la consapevolezza della valenza economica dell’abete bianco (XV-XVIII) che determinò un notevole incremento della sua produzione e il passaggio ad un carattere industriale della filiera foresta-legno;
la crisi (XIX secolo) e la successiva perdita della proprietà (1866), periodo dopo il quale, a causa dell’amministrazione statale, avvenero la maggior parte dei danni alla foresta.
Camaldoli ebbe anche numerose altre peculiarità:
La gestione del bosco e dell’ambiente naturale nel dettato biblico del “custodire e coltivare”, è parte essenziale delle disposizioni e delle costituzioni della Congregazione;
l’isolamento dell’Eremo non era scontato, ma ha richiesto una continua e oculata gestione della foresta e dei suoi confini. Sul vicino crinale appenninico vi erano valichi di importanti vie di comunicazione fra nord e sud d’Italia e d’Europa;
Camaldoli fu una sorta di “staterello” (non più di 1.700 ha) incastonato fra le proprietà di potenti signorie e stati dal X al XIX secolo e dovette salvaguardare integrità fondiaria e politica di gestione delle proprie risorse (la foresta rappresentava il principale investimento e rendita);
Camaldoli divenne un centro di riferimento importante, culturale e socio-economico per molte popolazioni del Casentino che, aumentate grazie a specifiche politiche di attrazione da parte dell’Opera del Duomo, riconoscevano la maggiore funzionalità (sia economica che ambientale) del sistema camaldolese;
le utilizzazioni eccessive dovevano essere sempre compensate da un aumento di semenzali, trapianti o semina. Comunque vi erano divieti di taglio lungo le strade per garantire sempre un paesaggio gradevole a chi percorreva le vie di accesso da e per l’Eremo;
Il Sacro Eremo e Monastero nella cornice del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi
Sul nostro sito sono disponibili numerosi prodotti dell’Eremo di Camaldoli.