Monaci camaldolesi, partiamo dallo stemma della congregazione dei camaldolesi, perchè in esso è racchiuso il senso che san Romualdo volle dare ai Monaci di Camaldoli: le due colombe che si abbeverano ad un solo calice, perchè San Romualdo cercò di unire l’esperienza della chiesa orientale con quella della chiesa occidentale. Le colombe stanno a significare quindi le due chiese, il calice invece Cristo. Questo si esprime a livello architettonico nella presenza sia del monastero dove si svolge l’attività comunitaria più consona all’esperienza occidentale sia dell’eremo dove si svolte l’attività solitaria dell’eremita, esperienza che invece ha antichissime origini anacoretiche orientali precristiane. Per questo motivo ancora oggi all’interno della Chiesa, le comunità camaldolesi sono considerate luoghi di dialogo tra la chiesa orientale e la chiesa occidentale.
E’ l’anno 1012 quando san Romualdo ormai anziano si trova nelle foreste casentinesi al confine tra Toscana e Romagna volle costruire l’eremo di Camaldoli. Ecco come Rodolfo I priore del monastero descrisse la fondazione dell’eremo e dei monaci camaldolesi: “vi rendiamo dunque noto, fratelli carissimi, che l’eremo di Camaldoli fu edificato dal santo padre ed eremita Romualdo, su ispirazione dello Spirito santo e su preghiera del reverendissimo vescovo di Arezzo Teodaldo, insieme ad una chiesa che il suddetto vescovo consacrò in onore del santo Salvatore nell’anno milleventisette della sua incarnazione. Edificate lì cinque celle, Romualdo stabilì in esse cinque fratelli… e assegnò loro la regola di digiunare, tacere e rimanere in cella. Fatto ciò, trovò più in basso un luogo chiamato Fonte Buono e lì costruì una casa e vi stabilì un monaco con tre conversi per accogliere gli ospiti che arrivavano, per rispondere loro dolcemente, per dare loro da mangiare con carità, e anche perché l’eremo rimanesse sempre molto appartato e lontano dai rumori del mondo”.
Esistono comunità in tutto il mondo. L’eremo di Camaldoli in provincia di Arezzo è la casa principale, a cui fanno riferimento tutte le comunità camaldolesi sparse nel mondo. In Italia tra i più importanti monasteri camaldolesi: a Camaldoli, a Fano (eremo di Monte Giove), a Napoli (Pozzuoli), a Bardolino (eremo di San Giorgio), Fonte Avellana nelle Marche poi altre comunità come l’eremo di Sant’alberico sotto il monte Fumaiolo nella loc. Balze, e i monasteri femminili di Faenza. I camaldolesi hanno sempre costruito i loro eremi in località impervie di straordinaria bellezza, forse il più irraggiungibile e per questo il più affascinante è l’eremo di San Mamiliano sull’isola di Montecristo nell’Arcipelago Toscano.
La foresta per l’eremita camaldolese è il luogo del silenzio dove è possibile l’incontro e la relazione con il Signore, i monaci di Camaldoli sono stati da subito custodi delle foreste casentinesi dove si trova l’eremo di Camaldoli. I camaldolesi sono conosciuti per il “codice primordiale camaldolese” riconosciuto come la prima regolamentazione forestale italiana.
San Romualdo fu un riformatore della regola benedettina percui la vita dei monaci camaldolesi rispecchia la regola di san Benedetto. Ora et labora, dove il labora ha la stessa dignità e senso del resto delle attività umane in quanto tutte convergono in Cristo.
Percui anche i monaci di Camaldoli producono e commercializzano prodotti famosi in tutto il mondo.
A Camaldoli i monaci sono specializzati nella produzione di Liquori, il più famoso è certamente il Laurus 48 che racchiude tutta l’esperienza dei monaci nel rapporto con la foreste e le erbe selvatiche che nascono nel sottobosco.
Poi a Camaldoli si producono straordinari cosmetici di vario genere, dai profumi alle creme per il corpo, ooltre a prodotti erboristici passando per le famose tisane oggi prodotte anche sottoforma di grani.
Nell’eremo di San Giorgio, sulle colline di Bardolino con una vista mozzafiato sul lago di Garda si produce un olio straordinario con un’acidità bassissima.
A Fano, da poco è stata costituita la Società agricola che realizza un buonissimo olio EVO
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